Noi, servi della gleba

Scritto il 15 Marzo 2005

Confesso che quello che sto per fare è un'analisi selvaggia. Analisi che si serve più dell'intuizione ed è stimolata dalla percezione di una sintomatologia che acquista ogni giorno spessore, che dell'esame di una quantità di dati concreti. Una sensazione, ma condivisa sempre più spesso con altre persone capaci di fermarsi a osservare quello che accade davanti ai nostri occhi.

Già nel 1982, Fritjof Capra, nel suo libro Il punto di svolta, ci aveva avvertito che All'inizio degli ultimi due decenni del nostro secolo ci troviamo in uno stato di crisi profonda a livello mondiale... E' una crisi di dimensioni intellettuali, morali e spirituali; una crisi di una scala e di un'urgenza che non hanno precedenti nella storia umana.

 A questo libro si possono aggiungere le conferenze e le riflessioni di Noan Chomsky, il libro di Umberto Galimberti Il tramonto dell’occidente, il dizionario dei luoghi comuni dell'Occidente[1] di John Ralston Saul, il costante lavoro di Massimo Fini, il pensiero di Pierre Bourdieu, gli irritanti -per certi versi- libri di George Steiner, le previsioni di M. Wells Mandeville e sicuramente una quantità smisurata di materiale che cerca, o ha cercato, di riflettere e di far riflettere sul paranoico e iniquo modello occidentale giunto ormai alla resa dei conti.

Questi testi raccolgono la sintomatologia che sovrasta il nostro presente.

Un mutamento profondo delle idee, delle percezioni e dei valori che formano la nostra visione della realtà, si è andata sempre più delineando nel corso degli ultimi venti anni.

E' un fenomeno che riguarda tutta la comunicazione, a ogni livello. Dalla tanto citata, come mostro di bassezza, televisione, ai giornali che diventano sempre più rotocalchi (rosa), alla programmazione dei titoli nelle sale da concerto.

Ci basta entrare nelle librerie oggi e osservare non solo la tipologia ma anche la disposizione dei testi sugli scaffali.

Perché se è vero che milioni di libri entrano nelle case degli italiani grazie a nuove forme di commercializzazione e lecito chiedersi quali libri e quanti di questi sono letti.

La massiccia disoccupazione e la distribuzione grossolanamente ingiusta del reddito e della ricchezza sono diventate caratteri strutturali della nostra economia.

Il mondo commerciale ci fa credere che le enormi industrie che producono cellulari o cosmetici siano un segno del nostro alto tenore di vita mentre contemporaneamente ci viene detto che non possiamo permetterci un'assistenza sanitaria adeguata, istruzione per tutti o trasporti pubblici all'altezza.

Questa crisi non coinvolge solo il lavoratore salariato. Chi ha capitale liquido guadagna dal movimento del denaro, chi non ha questa liquidità, nel momento di crisi e recessione, è costretto a svendere il patrimonio immobiliare per cercare di mantenere lo stesso tenore di vita. Chi svende scende verso il basso, chi muove il denaro si arrocca verso posizioni sempre più riservate.

L'ansia, l'invidia e l'aggressività crescono tra le masse.

Tutto questo non si manifesta solo con la cruda violenza. Il ballo predilige i momenti di crisi e di transizione, nei quali si compiace di vivere. Le lotterie denotano una sfiducia nel presente devastante a favore di un sogno banale e irrealizzabile.

Ma il sintomo più raccapricciante, il più drammatico segno, lo troviamo nelle indicazioni che il nostro governo da alle persone in età scolare e nella nuova riforma della scuola.

Le tristemente note 3i, industria (impresa), informatica (internet), inglese, sono la parte visibile del progetto neo-liberista che concretizza nella riforma della scuola, il suo pensiero.

Riforma che annulla le materie umanistiche (alle elementari le ore di storia sono state ridotte drasticamente), ovvero le materie che permettono di creare, sviluppare ed accrescere le capacità critiche e del pensiero autonomo.

Le 3i vogliono costruire un unico tipo d’individuo capace di lavorare tecnicamente ad alti livelli per migliorare la produzione e sviluppare un'alta competitività. Un individuo che non senta la necessità di porsi domande e specialmente di cercare risposte. Questa riforma vuole creare una struttura capace di addestrare i tecnocrati nella maggior parte dei campi utili agli interessi dei padroni.

Una nuova figura si affaccia quindi al panorama del mercato mondiale e va a completare quella già nota del Grande Consumatore, l'Ignorante Strutturato che si risolve nel Grande Produttore.

E' l'abominevole profilo del laureato masterizzato (parola che si presta a molte ironiche interpretazioni) che non riesce a oltrepassare la soglia del proprio lavoro. Nessuna critica viene mossa agli organi di potere, siano essi aziendali che governativi. La sua difficoltà non è nella voglia di farlo ma nell'assenza di alcuno stimolo in questa direzione e nell'assoluta mancanza di strumenti intellettuali per poterlo fare. Il senso critico, il distacco, una linea autonoma di pensiero non sono state nutrite durante il processo scolastico (anzi sono state accuratamente represse) perché non funzionali. La successione delle risposte alle richieste sociali è semplicemente finalizzata alla produzione e all'assertività. La trama profonda di questa identità è sostituita dal mondo della rappresentazione e risolve la sua identità personale nella funzionalità di quella sociale. Lo spazio di libertà personale non è salvaguardato, questo individuo non è altro dal ruolo che riveste e dipende da chi o dalle circostanze che gli assegnano il ruolo (finché glielo concedono).

L'Ignorante Strutturato ha semplicemente perso se stesso.

Un preciso modello politico, forse non coordinato a tavolino, ma certamente indotto dall’assoluta urgenza da parte delle industrie (siano esse multinazionali o domestiche nella difficoltà e ormai dall'impossibilità di perseguire l'illusione di una crescita indefinita) di mantenere il dominio economico e di conseguenza politico.

Smantellare la classe media (nel senso più ampio del termine), instaurare un regime feudale, (simile ai paesi latino-americani -basta dare uno sguardo al Cile-) e schiacciare verso il basso una classe acritica di lavoratori che possa, a qualunque costo, mantenere il potere costituito.

 

Noi, servi della gleba.

 

Si crea un ambiente semplificato, sintetico, prefabbricato e si richiede ai lavoratori non solo un comportamento autoassertivo, ma si chiede di negare la loro identità personale e di adottare l'identità e i modelli di comportamento della società per cui lavorano.

Il lavoro precario, i contratti Co.Co.Co., quelli interinali, cioè l'instabilità cronicizzata, completano questo gioco al massacro diventando nelle mani di chi detiene il potere economico un'arma infallibile di ricatto. Ovvero, scaricare i perdenti. Innanzitutto le aziende cercheranno di sbarazzarsi dei perdenti, di coloro che non riescono a tenere il passo con i ritmi, le richieste di questa affannosa corsa priva di senso che ha termine solo con la morte dell'individuo. Si sbarazzeranno di coloro che, secondo la loro ottica distorta, non sono competitivi, di quelli che non reggono la "società" in cui vivono.

Per completare il ciclo produrre/consumare, tendenze collettive, cui l'individuo non può opporre un'efficace resistenza, sostituiscono quelle personali con l'unico scopo di creare una mentalità a tal punto nichilista da far ritenere che solo adottando in maniera metodica il principio del consumo si possono garantire identità, stato sociale, esercizio della libertà e del benessere.

Questo è invece il mondo dell'astensione della scelta dove chi governa (ma forse è più giusto dire chi comanda) incanala entro i propri disegni l'input popolare con la conseguenza di diffondere l'illibertà.

Che fare a questo punto?

Parlare, scrivere... comunicare.

Parlarne, diffondere questo pensiero, rendersi almeno conto di vivere in un sistema di regime e sforzarsi di promuovere i valori della reale libertà, del diritto-dovere e dell'uguaglianza consapevole (quest'ultima parola più che abusata troppo mal-usata) contro ogni forma di manipolazione e d’indottrinamento.



[1] Il sistema del dubbio Nuovo dizionario dei luoghi dell’Occidente, John Ralston Saul (Bompiani, 1997)

 


Commenti

elena besantini Ha scritto 22 Febbraio 2013 alle ore 10:05:02

Analisi molto intelligente e sensibile. La tendenza è chiaramente quella di eliminare tutta la parte debole ma sicuramente anche quella parte che cercherà di risvegliare i dormienti. Nell'ultimo anno addirittura questo processo è accelerato a tal punto da somigliare al progetto dei campi di sterminio. Ci può salvare solo come dici tu la comunicazione e l'amicizia. L'arte, la musica e la creatività, lo studio, la filosofia e la letteratura. Il risveglio dei valori reali dell'uomo.


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